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Campo Hobbit 40

Campo Hobbit, 40 anni dopo. Come eravamo, come siamo e cosa diventeremo

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marzo 8, 2017 By admin

Campo Hobbit I

PERCHÉ CAMPO HOBBIT

Viviamo in un periodo caratterizzato dalla incertezza e dalla confusione che fanno da costante allo sfaldamento generale della società contemporanea. È il tempo del provvisorio e del dubbio e i fenomeni che si presentano alla ribalta della vita, frutto dell’insicurezza generale dell’uomo moderno, sono sempre contraddistinti dalla contraddittorietà. Chi in questa realtà caotica (tendente sempre più verso forme di vita assurde, prive di contenuti e di tensioni), soffre di più per quella «angoscia» (di cui parlano gli studiosi di psicologia) è proprio il giovane, al quale sono venuti a mancare autentici punti di riferimento e che continua a muoversi nell’orbita dei condizionamenti «sovversivi» (da non intendersi soltanto come marxisti. Perché non meno pericolosi sono quelli «radicali» e quelli genericamente sedicenti «progressisti»), che hanno letteralmente invaso le coscienze delle nuove generazioni.

Per questo tutti i tentativi di ribellione e di rivolta che esplodono nell’ambito giovanile, quando non hanno a monte «contenuti diversi» finiscono immancabilmente con lo esasperare fino alle estreme conseguenze quelle tendenze diffuse dai condizionamenti di cui parlavamo prima. In sintesi la degradazione si approfondisce e dilaga ancora di più toccando vertici mai raggiunti forse in nessuna a-tra epoca storica. Allora non c’è più speranza? Niente affatto: motivi di speranza, di fiducia ci sono perché non tutta la gioventù è avvelenata da certe “tossine”, c’è, nonostante tutto, ancora in piedi una gioventù “nostra” che vuole vivere diversamente e che soprattutto vuole crescere. E attorno a essa c’è una massa enorme di giovani coscienze addormentate ma non atrofizzate, indifferenti in apparenza che attendono solo di essere svegliate al travaglio della società.

Niente è perduto, dunque, anzi adesso comincia il cammino più difficile ma anche più affascinante: perché ci si gioca tutto, perché veramente si rischia non solo per noi ma anche per gli altri.

Di fronte a un momento come quello che stiamo vivendo, infatti, non è più possibile alla giovane Destra restare fuori dalla realtà e, per capirci meglio, pensare di poter cambiare il volto di questa società capovolta con il rinchiudersi in aridi intellettualismi o con il ricorrere a velleitarismi di qualunque genere, non esclusi quelli di coloro che pensano che basti ricorrere alle parole d’ordine imposte dal sistema per ottenere l’ingresso – inutile – in aree che sono e so no state mefitiche e putride. Capire la realtà, viverci dentro significa non sfuggire a nessuna delle angosciose domande della gioventù contemporanea per dare a esse una nostra risposta articolata, viva, moderna, ma sempre nostra.

Ecco perché è nato Campo Hobbit I, una idea che poteva apparire alle origini un po’ folle, un po’ impossibile, ma che silenziosamente è andata avanti senza inutili strombazzamenti e soprattutto con la necessaria prudenza. Ma perché anche noi non dovremmo entrare a testa alta in un mondo dal quale o per eccesso di cultura o per assoluta incultura ci siamo autoesclusi?

E così offriamo alla nostra gioventù due giornate diverse incontri più vivi, la possibilità di stare insieme per creare qualcosa, per forgiare strumenti che possano poi diventare formidabili veicoli di diffusione delle nostre idee. Sì, le canzoni, il teatro, il cabaret sono una realtà che, piaccia o non piaccia, non possiamo cancellare, non vogliamo cancellare. Né possiamo pretendere che i giovani siano nostri solo perché hanno letto un libro di un pensatore di Destra, quando questi giovani sono poi costretti ad ascoltare esecuzioni musicali degradanti, canzoni di sinistra, ad assistere a spettacoli teatrali che esprimono solo concetti sovversivi. Come è possibile stare saldi e fermi nelle idee in una condizione del genere; e, anco­ra, come è possibile poter allargare la influenza del nostro discorso quando restiamo esclusi da realtà, soprattutto giovanili, tra le più diffuse? Ora che lo abbiamo capito dobbiamo cercare di non sba­gliare. Ed infatti di Campo Hobbit non abbiamo voluto fare una specie di passerella per cantautori o artisti di destra. Abbiamo invece detto ai giovani: muovetevi, create, realizzate qualcosa, non state lì fermi ad assistere inermi a tutte le distruzioni. E molti hanno risposto all’appello, si sono scrollati di dosso certi complessi e in Italia sono saltati fuori gruppi musicali, giovani cantautori, giovani che fanno teatro. È l’inizio, in futuro potranno [fare] e faranno di più e meglio. Ma neanche questo basta, perché i due giorni di Campo Hobbit a Montesarchio devono anche rappresentare plasticamente la nostra diversità, devono far vedere a chi finora non ha voluto vedere che la nostra gioventù sa ritrovarsi attorno a un problema e discutere, sa ascoltare una canzone senza annullarsi, è capace di autocontrollo, non si lascia andare a isterismi collettivi. È anche una sfida quella che noi lanciamo, ma prima di tutto è vivaddio,  un segno di vitalità, di presenza, di esistenza.

Ed infine perché questo incontro di giovani, questo primo campo musicale lo abbiamo chiamato Hobbit? Anche qui una scelta, chiara e precisa; ricorrendo ai personaggi creati dalla fantasia di Tolkien e alle sue favole che assai bene adombrano la realtà, abbiamo voluto dimostrare e confermare che sì, non siamo nati certamente oggi, che abbiamo radici profonde, ma abbiamo anche voluto dire che questo mondo così com’è non ci piace né lo accettiamo. Ed allora guardando al futuro evochiamo dalle favole di Tolkien quelle immagini che arricchiscono la nostra fantasia e appagano la nostra sete di contenuti. Sì, siamo anche noi abitatori della mitica Terra di Mezzo; anche noi siamo in lotta con draghi, orchi, ed altri personaggi malefici.

Favole, illusioni? No, questa è la realtà e noi non ci rifiutiamo di vivere in questa, non abbiamo paura di essa perché vogliamo cambiarla, perché sappiamo di avere la forza per cambiarla. Campo Hobbit I è un primo appuntamento importante in vista di questo nostro fine.

Generoso Simeone

Organizzatore del Campo Hobbit I

da «Secolo d’Italia», 8 giugno 1977, pag. 6

Filed Under: La storia dei Campi Hobbit

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